31/08/2021 – PENSIONI, COME SI POTRÀ LASCIARE IL LAVORO…

 

Tra circa 100 giorni scadrà Quota 100, l’opzione al pensionamento anticipato: lasciare il lavoro sommando 62 anni di età e 38 di contributi è possibile solo fino al 31 dicembre, e probabilmente si procederà potenziando le altre opzioni pensionistiche come l’Ape sociale, Opzione donna o i contratti d’espansione. Quella pensionistica è una delle riforme chiave di cui il governo Draghi dovrà occuparsi nelle prossime settimane.

Cosa accadrà dal 1 gennaio 2022?

PENSIONI, IL RISCHIO SCALONE NON È DEL TUTTO SCONGIURATO. PER ORA

Il rischio scalone col ritorno ai 67 anni di età previsti dalla riforma Fornero al momento non è del tutto scongiurato. Dall’oggi al domani, in caso di nessuna riforma varata dal Governo, il pensionamento sarebbe possibile solo a partire dai 67 anni di età: dal 31 dicembre 2021, senza una riforma, per gli esclusi dalle opzioni attuali ci sarà un aumento secco di cinque o sei anni dei requisiti di pensionamento. Ci auguriamo che il governo intervenga tempestivamente nelle prossime settimane.

APE SOCIALE, OPZIONE DONNA E CONTRATTI D’ESPANSIONE

E’ molto probabile che si procederà potenziando e rendendo strutturali strumenti già esistenti e collaudati:

  • opzione donna (uscita con 35 anni di contribuzione e 58 anni d’età, 59 se autonome)
  • Ape sociale (prevista da 63 anni per le categorie che svolgono mansioni faticose),
  • Contratti di espansione

 Indiscrezioni ci parlano di potenziamento dell’Ape sociale, che dovrebbe essere estesa anche ad altre categorie di lavoratori impegnati in attività considerate gravose o usuranti. Decisivo per l’allargamento della platea sarà lo studio che sta completando l’apposita Commissione tecnica istituita dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando.

Oggi come oggi con Opzione donna le lavoratrici possono uscire dal mondo del lavoro a 35 anni netti di contribuzione e 58 anni di età anagrafica, per le subordinate, 59 anni per le lavoratrici autonome. L’Ape sociale è invece un sussidio erogato mentre si attende il raggiungimento dell’età pensionabile rivolto ai contribuenti di entrambi i sessi che hanno compiuto 63 anni e con 30-36 anni di contributi versati.

Il contratto di espansione invece consente di mandare in pensione su base volontaria i lavoratori fino a 5 anni prima (60 mesi) rispetto ai requisiti ordinariamente richiesti per la pensione di vecchiaia ma anche anticipata. Serve un accordo da siglare presso il Ministero del Lavoro tra azienda e sindacati, che deve contenere anche un certo numero di nuove assunzioni e deve essere finalizzato alla reindustrializzazione e riorganizzazione in ottica di sviluppo tecnologico dell’attività. L’obiettivo è quello di favorire la ristrutturazione delle imprese in crisi e il ricambio generazionale. Il meccanismo funziona in questo modo: il dipendente che si trova a meno di cinque anni dalla pensione chiude il rapporto con l’azienda e riceve in cambio la cosiddetta indennità di accompagnamento alla pensione, una somma che gli viene corrisposta per tredici mensilità all’anno fino al compimento dei 67 anni e alla maturazione dei requisiti per lasciare il lavoro, pagata dall’Inps ma a sovvenzionata dall’azienda di provenienza. Per il lavoratore c’è invece anche la possibilità di trovare un altro lavoro.

Insomma, di ipotesi al vaglio ne abbiamo. Non resta che attendere i tempi del governo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *